Decisione e potere nell'atto amministrativo vincolato

Abstract

L’ordinamento giuridico accorda all’amministrazione un margine di decisione, anche in caso di atti vincolati.

La decisione è infatti una scelta per un’alternativa possibile, composta di volontà e giudizio. Sicché la decisione del necessario o dell’impossibile è insensata: scegliere il necessario è superfluo e, comunque, la scelta (e quindi la decisione) è mera apparenza; scegliere l’impossibile è inutile, dal momento che l’alternativa preferita non può essere attuata, cioè il programma d’azione non può essere effettivamente messo in pratica. Secondo chi ritiene che l’atto vincolato non sia una decisione e dunque non sia un provvedimento amministrativo, la decisione di adottare un atto vincolato è superflua o inutile: l’amministrazione non ha altre possibilità oltre quella di adottare l’atto con il contenuto predeterminato dall’ordinamento, al ricorrere dei presupposti.

Una tale impostazione confonde la necessità, la possibilità e l’impossibilità con l’obbligo, il permesso e il divieto. Quando la (meta-)norma vincola l’azione amministrativa, impone all’amministrazione di decidere in maniera conforme ad essa, ma non rende la decisione necessaria: la (meta-)norma obbliga l’amministrazione ad adottare un atto con un certo contenuto al ricorrere dei presupposti vincolati, ma non impedisce che l’amministrazione di fatto adotti un atto di contenuto diverso. Anche quando l’ordinamento prefigura integralmente l’attività amministrativa, l’amministrazione conserva la possibilità, ancorché non il permesso, di agire diversamente, cioè di non rispettare la norma ipotetico-costitutiva. L’amministrazione, cioè, decide in ogni caso se disporre un certo effetto in una determinata situazione e quale effetto disporre.

L’atto adottato in violazione del vincolo è illegittimo. E tuttavia nel nostro ordinamento anche tale atto produce i suoi effetti e permette all’amministrazione di perseguire il fine (eventualmente anch’esso illegittimo) che voleva perseguire con l’atto che viola il vincolo, salva l’eventualità del suo annullamento.

Oltre ad essere sensata (cioè né necessaria, né inutile), tale decisione è anche giuridicamente rilevante: produce effetti giuridici, potenzialmente diversi da quelli prefigurati dall’ordinamento.

In sostanza, anche quando l’ordinamento prefigura integralmente l’azione amministrativa, l’amministrazione decide il contenuto dell’atto: l’atto amministrativo è in ogni caso un fatto istituzionale, sub specie di decisione. Anche l’atto vincolato è dunque esercizio del potere amministrativo, è un provvedimento amministrativo al pari di quello discrezionale e può essere legittimo/illegittimo (non solo lecito/illecito).

Da ciò tuttavia non discende che dinanzi ad un provvedimento vincolato vi siano interessi legittimi. Il discorso sulle situazioni giuridiche del cittadino in relazione al provvedimento vincolato dipende dall’elemento che la nozione di interesse legittimo (e, correlativamente, di diritto soggettivo) privilegia: se la sussistenza del potere in capo all’amministrazione (‘l’interesse legittimo è la pretesa ad ottenere o conservare un bene della vita oggetto di potere amministrativo’) oppure il grado di «certezza» di soddisfazione che l’ordinamento assicura alla pretesa del cittadino (‘l’interesse legittimo è la pretesa ad ottenere o conservare un bene della vita a soddisfazione solo eventuale’).
https://doi.org/10.14276/2610-9050.1265
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